Francesco
(giovedì 8 marzo 2012)
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In onore ad Aung San Suu Kyi
Stralcio dell'intervista ad Aung San Suu Kyi che da ieri non è più agli arresti domiciliari imposti dai militari al potere tredici anni fa.
Birmania, il Nobel torna in libertà "Una vittoria, ma non è finita".
HONG KONG - Alle dieci del mattino di ieri, silenziosamente, le guardie che stazionavano davanti alla residenza di Aung San Suu Kyi, leader del dissenso democratico birmano, hanno fatto ritorno alla loro caserma. Così, con una mossa a sorpresa, la giunta militare di Rangoon ha revocato le restrizioni alla libertà di movimento della leader pacifista, "la Signora" come la chiamano semplicemente in Birmania, premio Nobel per la Pace nel 1991, agli arresti domiciliari dal lontano 20 luglio 1989.
Dalle 10 del mattino di ieri quindi, dopo quasi 13 anni, Aung San Suu Kyi è libera di uscire dalla Casa sul lago, di comunicare con chiunque, di fare politica, di vedere i suoi figli. Lei appena ritornata in libertà non ha perso tempo. Ha subito raggiunto in auto il quartier generale del suo partito, quella Lega nazionale per la democrazia (Lnd), che nelle elezioni del 1990, ottenne una schiacciante vittoria (l´80 per cento dei voti). Il governo militare annullò il risultato delle elezioni, proibì le attività dell'opposizione, represse violentemente le manifestazioni di piazza e i leader dell'opposizione vennero imprigionati o esiliati. Il parlamento non fu mai convocato.
L´edizione italiana della sua autobiografia si intitola "libera dalla paura". Si sente così, adesso?
«Adesso, per la prima volta da più di un decennio, mi sento libera. Fisicamente libera. Libera soprattutto di agire e di pensare. Come spiego nel mio libro, sono molti anni ormai che mi sentivo "libera dalla paura". Da quando avevo capito che i soprusi della dittatura qui nel mio Paese potevano ferirci, umiliarci, anche ucciderci. Ma non potevano più farci paura».